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La saga della fortunatissima famiglia Le Mans, che prende il nome da un comune francese della Loira, ospite di uno dei più famosi circuiti al mondo suo omonimo, ha inizio con la capostipite V 850 Le Mans, in occasione del Salone del Ciclo e Motociclo di Milano nel novembre del 1975, derivata da un prototipo, apparso nel 1973, ma mai presentato sul mercato mondiale.
La mamma di tutte le Le Mans è stata la gloriosa Moto Guzzi V7 Sport del 1971: prima vera e sportivissima bicilindrica mandelliana a V di 90º di 750 cc. Ecco la storia della Le Mans, serie per serie.

PRIMA SERIE
La Moto Guzzi Le Mans prima serie è una motocicletta robusta e velocissima, capace di battere anche la concorrenza più ostinata: una vera sportiva italiana in puro stile anni Settanta, ma molto attuale nella sua fisionomia. Il suo possente propulsore bicilindrico a V di 90º, direttamente derivato dalla V7 Sport del 1971, è dotato di canne dei cilindri in ghisa ed i suoi due cuori pulsanti sono i famosi Dell’Orto PHF 36 B con pompa di ripresa. Lo scheletro della grintosa Moto Guzzi è un traliccio in acciaio a doppia culla scomponibile, progettato dal celebre Lino Tonti e già sperimentato, con ampio successo, sulla V7 Sport.

La Le Mans 850 è stata la prima motocicletta sportiva di Mandello ad adottare, come già sulle V 1000 G5 ed Idro-convert, il sistema di frenata integrale a tre dischi. Le sue prestazioni venivano spesso incrementate da un kit da competizione fornito, a richiesta, dalla Casa madre e completo di due carburatori Dell’Orto da 40 mm, scorbutici per l’uso quotidiano, ma molto entusiasmanti. La prima serie, l’unica dotata di faro tondo e la strumentazione minimale, è la più ambita dai collezionisti di tutto il mondo, la più rara, soprattutto nella primissima versione, quella con il fanale posteriore arrotondato.
Le colorazioni disponibili erano rosso-nero e pearly blue-nero.

SECONDA SERIE
A distanza di tre anni dalla presentazione della Le Mans prima serie, la Moto Guzzi propone, nel 1978, la Le Mans II, caratterizzata da una particolare carenatura che richiama quella della quale è dotata la coeva turistica V 1000 SP, con spoilers assicurati ai lati del propulsore, i cilindri del quale svettano imponenti. Tutto ciò però non offre vantaggi concreti in tema di aerodinamica, penalizzando nettamente l’assetto di guida ed il comportamento della motocicletta sul veloce.
L’impianto frenante, rispetto alla prima serie, subisce alcune variazioni: l’aggiunta di un ripartitore di carico e lo spostamento di entrambe le pinze Brembo, che mordono i due dischi anteriori in ghisa, dietro gli steli della forcella.

Tra gli optionals del Le Mans II figurava un particolare tipo di cambio a rapporti ravvicinati a “denti dritti” o “zanne dritte”. Le misure degli pneumatici sono le stesse di quelli che equipaggiano la prima serie, ovvero: anteriormente da 100/90 H-18″ e posteriormente da 110/90 H-18″. Le colorazioni disponibili all’epoca erano la classica rosso-nera e la bianca-nera: pochi esemplari furono prodotti, per l’esportazione, con una livrea nera-oro, con cerchi oro.
La Le Mans II è una valida alternativa alla prima serie: è dotata della stessa architettura tecnico/estetica, ma non conserva l’innegabile, grande fascino di quest’ultima.
Molti appassionati la rendono, spogliandola a dovere degli orpelli plasticosi, molto simile alla prima vera Le Mans, godendo delle sensazioni che l’aggressiva due ruote regala loro.

TERZA SERIE
La Moto Guzzi Le Mans III è invece apparsa sul finire del 1981, profondamente rinnovata rispetto alle prime due serie, sia dal punto di vista tecnico, che da quello meramente estetico.
Il propulsore presenta teste “quadre” , non più “tonde” delle quali erano dotate le prime due serie della velocissima due ruote e le canne dei cilindri al nigusil. Il motore della Le Mans III è stato il primo propulsore italiano ad essere costruito secondo le norme anti-inquinamento dettate dagli Stati Uniti d’America: ciò si traduce però in una leggera diminuzione delle prestazioni della motocicletta.

Oltre alla possibilità di equipaggiare la sportiva bicilindrica con il cambio a “denti dritti”, vi era all’epoca una vasta scelta di coppie coniche per modificare i rapporti di trasmissione.
La carenatura è ora sensibilmente ridotta e più spigolosa e le colorazioni disponibili: il classico rosso-nero, il bianco-nero ed il nuovo, ma poco diffuso grigio metallizzato-nero.
La III è una motocicletta che molti collezionisti/fruitori preferiscono alle prime due serie, sia perché è leggermente più comoda della prima e meno carica di carene della seconda, sia perché ha una linea meno retrò: è diversamente sportiva.

QUARTA SERIE
La quarta serie del Le Mans, presentata al Salone di Milano nel settembre 1984, è stata oggetto di un viscerale cambiamento: la cilindrata viene portata a 1000 cc e la fisionomia profondamente rinnovata. Il motore è stato portato a 948,8 cc ed è capace di sviluppare una potenza di ben 81 CV a 7000 giri. È la prima volta che su una Moto Guzzi sportiva viene adottata una ruota anteriore da 16″, con conseguente modifica all’avantreno e la carrozzeria è stata completamente rivista: ha una linea più filante, nuove fiancatine incorporanti il parafango posteriore, uno spoiler aggiuntivo sotto la coppa dell’olio ed un cupolino leggermente diverso dal quello della Le Mans III. Gli scarichi sono completamente neri, dai collettori fino alle marmitte comprese e la livrea è rosso Moto Guzzi.

La forcella è a gas, completa di equilibratore e gli ammortizzatori posteriori di serie sono gli sportivissimi Koni a molla esterna nera; gli pneumatici sono tubeless e sopportano un peso di 215 kg, ruotando fino a 220 km/h. Nel 1986 la Le Mans 1000 subisce un semplice aggiornamento estetico: viene verniciato di nero anche tutto il blocco motore/cambio, la livrea diventa bicolore bianca-rossa, la sella rossa e le decalco mutano.

Nel 1987 viene preparata una nuova versione della Le Mans 1000 che ricorda cromaticamente quella del 1984. Le principali differenze tra le due sono: il ritorno alla ruota anteriore da 18″, la dotazione di una nuova carenatura anteriore e laterale della quale fa parte un cupolino più esteso e fisso, non solidale ai movimenti del manubrio ed il gruppo propulsore è ritornato nuovamente color alluminio. Sono rimaste invariate invece le prestazioni rispetto alle due versioni precedenti.
L’ultimissima versione del Le Mans 1000, modificata nella sua sola parte cromatica, presenta una livrea tricolore rossa-nera-bianca, che la rendeva, all’epoca, più sportiva ed accattivante. Quest’ultima è rimasta in produzione fino al 1993.
La Le Mans 1000, nelle sue varie versioni, non incontra il favore ed i gusti degli appassionati, tranne che per qualche piccola eccezione: il vero Le Mans, a detta dei collezionisti, è il primo, quello per il quale si lascia il cuore.

Guidare una Le Mans sul rettilineo è come cavalcare un purosangue da corsa al galoppo sfrenato, mentre sul misto è assimilabile ad un ballo sensuale con una bella ragazza, durante il quale lei si fa condurre, mentre si avverte il suo respiro carico di emozione: la Moto Guzzi Le Mans corre su un binario con i suoi Lafranconi Riservato Competizione, ha una tenuta di strada invidiabile, un sapore di storia vissuta ed il profumo della vera passione italiana.

Autore: Pier Paolo Fraddosio