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Tenuta Principe Alberico: un’oasi nel cuore di Roma

Tenuta Principe Alberico: un’oasi nel cuore di Roma

Alessia Antinori, Riccardo Nocera e Cristina Bowerman a Classic Drive Art

Il retaggio di Alessia Antinori e delle sue due sorelle è di sangue blu: nipoti di Alberico Boncompagni Ludovisi, Principe di Venosa e nobile romano doc, hanno infatti ereditato parte del patrimonio castro-culturale della Città Eterna. Nel loro caso, si tratta di un’azienda agricola. Testimone silenzioso di generazioni  di romani, la tenuta è passata di mano in mano per decenni: un premio e una responsabilità per i posteri. Ultima a ricevere orgogliosamente quest’onere, è proprio Alessia Antinori. 

È lei che racconta la storia di Tenuta Principe Alberico davanti alle telecamere di Classic Drive Art. «Quest’azienda che è dentro il Comune di Roma, si trova sull’Appia antica» al centro di un’oasi nella quale il tempo sembra rifiutarsi di scorrere. E nel quale la presenza del Principe è ancora tangibile, per Alessia e le sue sorelle. «È un posto speciale perché si sente la sua filosofia, il suo attaccamento alla terra e lui ce l’ha avuto fin dall’inizio. Credeva nella terra e credeva soprattutto nel biologico. Questa è un’azienda unica: pur essendo dentro il Comune di Roma, ha più di 50-60 anni di terra biologica». 

Tenuta Principe Alberico: Vitigni di premio nel cuore di Roma

Paradiso nascosto in seno a una delle metropoli più caotiche d’Italia, dunque, la Tenuta Principe Alberico possiede dei vitigni che normalmente crescono solo sui colli del Lazio. Fu proprio Alberico, racconta Alessia Antinori, a impiantarvi viti di pregio come Cabernet, Merlot e Sémillon, oltre a varietà autoctone come la Malvasia

«Lui si innamorò del vino tramite il suo mentore, il suo amico Tancredi Biondi Santi, che lo incoraggiò a piantare queste varietà, che chiaramente erano più bordolesi per la maggior parte. Fu uno dei primi a piantarle in Italia e non coltivò soltanto le viti, ma impiantò anche ulivi, produceva il miele, aveva il suo orto e produceva tantissime varietà di pomodori. Poi aveva le sue mucche, la sua farina e soprattutto il suo lievito madre, che ha tramandato a mia sorella e con il quale abbiamo continuato a panificare… Quindi, insomma, Tenuta Principe Alberico era ed è tuttora un’azienda biologica a tutto tondo, a 360°».

L’Alberico Bianco 2016

In un’azienda a tutto tondo, ognuno deve immancabilmente fare la propria parte. E il contributo di Alessia Antinori riguarda proprio il vino. Da enologa esperta, presenta a Classic Drive Art l’Alberico Bianco annata 2016. Come lascia immaginare il nome, questo «era il vino a cui forse Alberico Boncompagni Ludovisi più credeva». 

«Lui piantò questa varietà del Sémillon negli anni ’50, dentro Roma. All’epoca, era una varietà molto innovativa, tipica bordolese, ottima anche per produrre vini butilizzati, quindi vini più dolci. Lui ci credette e volle piantarla in azienda. Quindi noi abbiamo voluto dare, come per tutti gli altri progetti, una continuità di quello che lui produceva. Abbiamo anche avuto la fortuna di ritrovare la vigna storica, cioè la vigna originale che ha più di 50-60 anni: abbiamo deciso che da quella avremmo fatto una propagazione e una selezione massale della propagazione, per un totale di 19 ettari, di cui una parte è di Sémillon. Oggi non c’è nessun altro produttore in Italia che produce un Sémillon in purezza, cioè un 100% Sémillon». 

Riccardo Nocera e Cristina Bowerman: come bere (e con cosa) l’Alberico Bianco 2016

Si tratta, infatti, di un vino che viene solitamente tagliato con altre varietà, che ne spezzano la purezza. Non è il caso dell’Alberico del 2016, un’annata particolarmente calda, frutto di una lunga fermentazione in barrique di rovere e, infine, di 18 mesi in bottiglia. Ce lo spiega Riccardo Nocera, sommelier del team della Tenuta Principe Alberico. «È un vino bianco di grande struttura, fatto con uve Sémillon: un bianco che comunque al naso si presenta veramente con dei profumi molto importanti, una bella nota minerale ed un bel fondo sapido. Un vino che nasce in un terreno che è principalmente di origine di cenere vulcanica e di pozzolana, quindi ovviamente la struttura minerale si sente tantissimo al naso e la complessità olfattiva lo rende un bianco di grande struttura e abbinabile ad una vasta gamma di piatti».

È d’accordo Cristina Bowerman, chef italiana da una stella Michelin e tre forchette Gambero Rosso, super ospite di Classic Drive Art, che dimostra l’alta versatilità dell’Alberico Bianco 2016 portando uno dei piatti del menù di Glass Hostaria, il suo ristorante aperto a Trastevere. «Abbiamo scelto un classico di Glass che sono i “ravioli del plin”, ripieni di amatriciana: io li chiamo “ravioli Arlecchino”» esordisce. 

Come molti piatti della cucina di Cristina, infatti, anche questo celebra la tradizione riscrivendone le regole. «Se dovessimo rappresentare in un grafico l’amatriciana, la carbonara o il cacio e pepe, formerebbero quello che io chiamo flatline: è lo stesso identico sapore dal primo all’ultimo boccone. Quindi mi è venuta questa idea di “splittare” i ravioli. All’interno di alcuni di essi, c’è l’amatriciana pura senza formaggio, in altri invece una fonduta cremosa di pecorino, per dare una diversità di boccone a seconda di quello che si mangia, completando il sapore dell’amatriciana. Il guanciale croccante, poi, dà una differenza di “textura” che per me è come se fosse un altro sapore. Si crea così un’onda di sapori e consistenze diverse» conclude Bowerman.

 Valentina Baraldi

Guardate l’intervista presente nella quarta puntata di Classic Drive Art

 

4ª Puntata

A guidarci in un viaggio multisensoriale fatto di arte, libri, vini&food e motori, saranno: 𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐚 𝐀𝐧𝐭𝐢𝐧𝐨𝐫𝐢, Tenuta Principe Alberico 𝐑𝐢𝐜𝐜𝐚𝐫𝐝𝐨 𝐍𝐨𝐜𝐞𝐫𝐚, sommelier 𝐂𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐧𝐚 𝐁𝐨𝐰𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧, chef – Glass Hostaria 𝗠𝗮𝗿𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗣𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶, autrice 𝐄𝐥𝐢𝐬𝐚 𝐋𝐚 𝐌𝐚𝐧𝐧𝐚, artista.

Tappa finale sarà il romanzo di 𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐨 𝐁𝐞𝐥𝐥𝐨𝐦𝐚𝐫𝐢𝐧𝐢, all’interno del quale si parlerà anche di un noto ciclomotore.

Buona Visione!