Giuseppe Carlini: quando il contatto con la natura diventa musica
Giuseppe Carlini: quando il contatto con la natura diventa musica
L’album Amplification of movement a Classic Drive Art
Il suo primo album si intitola Amplifications of movement, amplificazioni di movimento: è così che Giuseppe Carlini riflette sul mondo che lo circonda. La natura in particolare. Musicista completo e solista nel progetto Plaster, Giuseppe ricollega la sua particolare sensibilità artistica e musicale al suo stretto rapporto con l’ambiente.
Lo racconta nella sesta puntata di Classic Drive Art, ripercorrendo i suoi primi passi nel mondo della musica. Il punto di partenza è stato proprio Amplifications of movement. «Sì, è un album che appunto nasce dalla mia relazione con la natura, che è stata molto forte e lo è ancora», ha detto. Realizzato nell’arco di quattro anni, e in un periodo di difficoltà, l’album «partito un po’ con l’idea di una ricerca di un’evoluzione personale, con l’idea poi di riportare tutte queste emozioni ed evoluzioni in corso d’opera».
Ma da che cosa nasce il titolo Amplifications of movement? Si tratta di un’espressione simbolica, nata proprio in seno allo scavo interiore dal quale è poi nato l’album. «È stata proprio una ricerca, ho scavato proprio dentro di me in maniera molto profonda. E quindi, appunto, da questo percorso nasce il nome Amplifications of movement, amplificare i movimenti. Mi ricordo, nello specifico, stavo osservando dei fiori e a un certo punto ho iniziato a riflettere: cosa succede all’interno di un fiore? Questi processi che non sono visibili ma danno forma al visibile. Da qui, appunto, amplificare i movimenti, i movimenti interiori. Piano piano poi si è sviluppato l’album fino alla fine, con l’ultima traccia, che poi è un po’ – come dire – una consapevolezza di questa trasformazione, cambiamento e leggerezza».
Un album, dunque, come registro e testimonianza di un viaggio interiore, verso una nuova consapevolezza. Che ruolo ha giocato la natura in questo? «Essendo nato, appunto, in campagna, in un piccolo paesino, dai 6, 7 anni ero già nel bosco» risponde. «Ho vissuto sempre giocando nel bosco fin da bambino, e quindi c’è un forte sentimento, un forte sentire con la natura e una forte connessione con la natura».
In fondo, che cosa c’è di più musicale del vento che soffia tra le fronde di un albero? Esiste qualcosa di più armonico di un ecosistema naturale?
Giuseppe Carlino l’ha intuito presto, e su questa intuizione ha imperniato una vera e propria carriera. Tutto è nato nel 2008, quando Giuseppe e il suo migliore amico d’infanzia, Gianclaudio Hashem Moniri (in arte Kasba) decidono di chiudersi in camera per comporre un album. È il primo passo verso il loro sogno: il debutto nel mondo musicale. «Andavamo solo a fare la spesa e poi, giorno e notte, lavoravamo all’album», ricorda.
Risultato di questa full immersion è stato Platforms, primo album in assoluto del progetto Plaster. Primo di un viaggio che li avrebbe portati fino a Berlino, dove rilanciano il progetto su scala internazionale.
«Da lì si sono aperte un sacco di strade: abbiamo iniziato a suonare a Berlino e poi sono arrivate le prime chiamate da altri festival internazionali. Siamo arrivati a Minsk, in Bielorussia, poi in Ucraina, Spagna, Giappone… siamo riusciti ad entrare anche in Gran Bretagna (che è difficilissimo), nell’etichetta di Andrea Parker. Lei ci contattò: era innamorata della nostra musica. Da quel momento ci si è aperto ancora un altro mondo, un’altra dimensione».
Cosa succede, dunque, all’interno di un fiore? Ebbene, evidentemente succede tutto. Infiniti mondi, infinite dimensioni, che si dispiegano nel futuro di chi – come Giuseppe Carlini – ha saputo fermarsi ad osservare le amplificazioni del suo movimento.
Valentina Baraldi