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Il mio nome è Brian: il sogno di una risposta all’autismo

Il mio nome è Brian: il sogno di una risposta all’autismo

Valentina Esposito racconta il suo viaggio di mamma attraverso i disturbi del neurosviluppo 

Come si affronta la perplessità di fronte a un figlio che non ti abbraccia? I suoi occhi sono distanti, sembrano sfuggire al tuo amore di madre, le parole man mano spariscono dalle sue labbra e le sue manine sono sempre impegnate in qualche attività che lo allontana da te. Ti chiedi se hai sbagliato qualcosa, e in pochi secondi il senso di colpa diventa certezza, terrore. Poi, la diagnosi: «Spettro autistico». E ti ritrovi a riprogrammare il tuo istinto materno da zero. Come riuscirci? 

È quello che Classic Drive Art ha chiesto a Valentina Esposito, scrittrice, attivista per una più capillare conoscenza dell’autismo online e offline e, soprattutto, mamma di Brian. 

«Il nostro percorso nasce nel 2016, quando ricevo la diagnosi di autismo di mio figlio» racconta, scandendo le parole con decisione. È sicura davanti alla telecamera: la usa spesso sul canale YouTube dedicato al suo libro in uscita, Il mio nome è Brian, nel quale racconta la sua storia capitolo per capitolo. 

«Brian allora aveva tre anni, è un bambino che non parla e che ha numerosi comportamenti problematici, che non ci consentono neanche di uscire». La diagnosi avrebbe potuto essere l’ultima spinta verso il dolore e la disperazione, ma per Valentina, invece, è stata lo stimolo a reagire, l’inizio di un percorso. In salita, certo, ma sempre in avanti.

Il progetto Il mio nome è Brian nasce come naturale conseguenza della volontà materna di proteggere e capire il proprio bambino. 

«L’autismo è un cammino, irto di difficoltà, ma è anche un cammino di introspezione personale, che porta a cambiare tutta la propria visione del mondo. Ed è importante quindi cercare di far diventare questo cammino comune con altri genitori: per questo motivo, ho creato la pagina Il mio nome è Brian, dove racconto anche la storia di altre famiglie e di ragazzi autistici, che possono creare con altri un sentiero».

Cosa distingue un percorso da un sentiero? La comunione, la condivisione della fatica della salita con i compagni di viaggio: trovarne per sé, per Brian e per tutte le altre mamme che affrontano ogni giorno sfide simili alla sua è stato il primo obiettivo di Il mio nome è Brian. Cinque anni dopo la diagnosi, l’iniziativa si è trasformata in un libro, in una pagina Facebook, in un canale YouTube e, presto, in una rubrica ospitata proprio da Classic Drive Art: attorno a Valentina si è raccolta una vera e propria comunità di genitori da tutta Italia. «Nel nostro territorio, abbiamo creato un gruppo di mamme: alcune sono diventate, come lo sono diventata io, terapiste dei loro figli. Ci scambiamo quasi quotidianamente messaggi su esercizi, terapie…ma anche sfoghi».

Il viaggio di tutte le mamme e i papà di bambini con disturbi dello spettro autistico continua giorno per giorno, armato di dedizione e speranza e animato da un sogno: il sogno che Brian, così come gli altri bambini, un giorno riescano a parlare. 

Guarda l’intervista a Valentina Esposito nella quinta puntata di Classic Drive Art

 

 Valentina Baraldi