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Tim, partitura a due voci: Margherita Cucco scopre Avicii

Tim, partitura a due voci: Margherita Cucco scopre Avicii

L’autrice si presenta alla terza puntata di Classic Drive Art

Era il 2018 quando Margherita Cucco incontrò per la prima volta Avicii: il deejay svedese che sarebbe morto   di lì a poco. 

«È stato un incontro effettivamente casuale, o fatale» conferma Margherita Cucco a Classic Drive Art. Dopotutto, con un personaggio di tale fama non avrebbe potuto essere altrimenti. Da quel primo incontro, però, sarebbe nato Tim, partitura a due voci, ultimo romanzo di una trilogia che Margherita Cucco ha voluto dedicare al musicista scomparso così prematuramente. 

 

Prima di quel fatidico 20 aprile 2018, Margherita non aveva mai sentito nominare Avicii. 

«Non so perché, ma la notizia e la fotografia che l’accompagnava mi hanno colpita e, così, nei giorni seguenti, sono sempre stata più interessata, incuriosita e coinvolta anche a livello emotivo». 

Chi crede nel destino direbbe che un grande piano voleva che Margherita incrociasse Avicii prima di scomparire perché destinata a raccontarne la storia. Se così fosse, i libri Il ragazzo luminoso, Avicii e Tim, partitura a due voci sarebbero il triplice risultato di tale operazione. 

Pubblicato da Robin Edizioni, il libro sarebbe presto diventato il primo atto di una trilogia. Ma come è potuto sbocciare un simile interesse dal terreno della totale indifferenza? «Intanto ho conosciuto la sua musica, che ignoravo e che ho apprezzato moltissimo» racconta Margherita Cucco. «Poi ho letto notizie sulla sua storia, che mi ha colpito perché è una storia emblematica di una persona: un’anima veramente profonda e con delle doti – non solo artistiche, ma anche umane – veramente notevoli, che ha avuto la fortuna di diventare famosissimo, ricchissimo, osannato in tutto il mondo, ma ha avuto anche la disgrazia di non essere capito, non essere conosciuto per quel che veramente era e di essere sfruttato senza pietà». È il tema dell’ultimo libro della trilogia, che «è narrato alternativamente da due voci: una delle quali è quella di uno dei… li definiremo i “cattivi”, no? Di quelli che hanno contribuito, diciamo, alla sua rovina, alla sua distruzione, se vogliamo». 

Quella maturata da Margherita Cucco è una comprensione profonda del personaggio di Avicii, del genere che solo chi parte da una tavolozza completamente bianca può dipingere. Niente preconcetti, nessuna seduzione da parte della notorietà del personaggio: Margherita Cucco ha scoperto Avicii direttamente – ed esclusivamente – dai testi delle sue canzoni.

«Mi sono serviti intanto per conoscere lui, perché se nella vita di ogni giorno era costretto in qualce modo a recitare una parte, nei testi delle canzoni, specialmente in alcuni, confessava se stesso e le sue paure». Un meccanismo di difesa a cui, forse, sono ricorsi diversi personaggi del mondo dello spettacolo, appiattiti e stereotipati da una fama troppo invadente. Forse era davvero destino che Margherita Cucco incontrasse Avicii prima che ci venisse strappato. Forse, il suo compito era quello di togliergli la maschera che il mondo della musica lo aveva costretto a indossare, in modo che Avicii – il vero Avicii – si svelasse per quello che era davvero. 

Valentina Baraldi

Guardate la  terza puntata di Classic Drive art

Fabio Magnasciutti, Vignettista

Fabio Magnasciutti: parole, immagini e fantasia dietro il mestiere del vignettista

L’illustratore si racconta a Classic Drive Art

Classe 1966, romano, Fabio Magnasciutti è un illustratore e un vignettista di professione. I suoi disegni sono stati scelti per far parte di svariati progetti editoriali, venendo spesso contesi da editori del calibro di: Giunti, Curci, Lapis, Barta e molti altri. La sua fantasia e la sua versatilità, però, non potevano rimanere legate ad un unico media; infatti le sue strisce a fumetti gli hanno valso collaborazioni illustri anche con la stampa periodica (La Repubblica, l’Unità, Il Fatto Quotidiano, Left per cui realizza tuttora copertine e vignette) e con importanti trasmissioni televisive, del calibro di Che tempo che fa. Insignito del titolo di “Miglior vignettista” dal Museo della Satira di Forte dei Marmi nel 2015, Magnasciutti ha ottenuto in seguito persino una cattedra presso l’Accademia dell’Illustrazione di Roma, che ha ricoperto fino al 2005. Oggi insegna illustrazione editoriale presso lo IED di Roma e presso la scuola di illustrazione Officina B5, da lui fondata proprio nel 2005.

Fabio Magnasciutti a lavoro

Una vita interessante, senza dubbio, animata da forti passioni e dall’amore sconfinato per l’arte che l’artista ha deciso di raccontare ai microfoni di Classic Drive Art, comparendo come ospite della prima puntata della seconda edizione.

«Ho sempre disegnato ed ho sempre sperato che potesse diventare un mestiere, cosa che effettivamente è : vivo di questo ormai da oltre trent’anni» racconta il vignettista.

Vignetta di Fabio Magnasciutti

Nelle sue vignette non ci sono solo immagini e figure, ma anche la parola – con giochi di significato e doppi sensi esilaranti – diventa la protagonista. Magnasciutti riconduce il merito di questa mescolanza di parole-immagini ad alcune «letture chiave» fatte da bambino che lo hanno ispirato e incoraggiato. Rodari, Calvino sono stati i suoi mentori, i pilastri della sua sensibilità verbale che lo hanno portato a riflettere sul rapporto tra significato e significante.

Vignetta di Fabio Magnasciutti

Un’arte, quindi, che nasce dalla parola, prima che dall’immagine.

«Solo in seguito, nel tempo, sono riuscito in qualche modo a mettere insieme le immagini: le vignette che girano ultimamente sono frutto di un’unione, appunto, tra queste due passioni. Iniziando da L’Unità, che è il quotidiano che ha ospitato per primo le mie vignette, ho poi continuato e adesso ciò che faccio è come una specie di stupefacente che dà assuefazione».

Da passione infantile a professione, quindi, fino a vera e propria droga dalla quale non può più prescindere. Ma da dove trae Fabio Magnasciutti le sue idee?

«A volte nascono da un’immagine, altre volte dal testo, non c’è una regola» precisa Magnasciutti. «Le fonti di ispirazione sono ovunque».

Vignetta di Fabio Magnasciutti

A meno che non riceva una commissione esterna, l’artista crea dunque liberamente, seguendo il suo estro e la sua curiosità, aggiungendo però sempre un pizzico di romanticismo e acuta ironia. Ogni vignetta è diversa dall’altra, anche se ci sono delle costanti ricorrenti: una di queste è, per esempio, il siparietto analista-paziente. Appartiene a questa serie anche la vignetta con il simbolo dell’infinito, molto apprezzata dai fan dell’illustratore.

«È una di quelle vignette che è nata puramente per caso, adesso non ricordo neanche bene come, ma mi sembra che in qualche modo stessi leggendo qualcosa riguardo al Nastro di Möbius o qualcosa del genere. Fatto sta che comunque mi è venuta spontanea l’associazione con il numero otto che, ovviamente, visto in verticale è un otto, ma visto in orizzontale invece è il segno dell’infinito».

Vignetta di Fabio Magnasciutti

Un’altra vignetta illuminante è quella del derviscio.

«Anche questa è nata per puro caso: stavo semplicemente vedendo una persona che si affannava dietro al proprio cane, portandolo in giro, quindi l’idea e la parola “giro” mi hanno evocato un derviscio e ho immaginato il povero cane che va a fare un giro con il suo padrone e che, in realtà, non ne fa uno, ma bensì molti di più».

C’è del genio, dunque, dietro a queste vignette: immagini in apparenza così semplici, eppure evocative: prodotto di una fantasia che – proprio come il moto perpetuo del derviscio – è inarrestabile.

 

Valentina Baraldi 

Omo sanza lettere: la vita segreta di Leonardo

Omo sanza lettere: la vita segreta di Leonardo


Maria Rosaria D’Uggento presenta il suo saggio a Classic Drive Art

Chiunque abbia studiato la letteratura conosce bene la sensazione di familiarità che si acquisisce dopo aver approfondito uno dei grandi autori della tradizione. Dopo averne assimilato ogni concetto, dopo aver letto ogni suo scritto, si ha quasi l’impressione di conoscerlo. Eppure, non possiamo che rassegnarci all’idea che non potremo mai sapere davvero chi fosse. Terminiamo lo studio, e lui sale nell’Olimpo dei poeti e degli scrittori che conserviamo nella nostra memoria, una galleria immaginaria di figure se non astratte, perlomeno intangibili. 

Leonardo Da Vinci è senza dubbio uno di loro. L’«omo senza lettere» che scriveva da destra a sinistra ed eccelleva in ogni settore dello scibile: non c’è “galleria dei sommi” nella quale non compaia. Eppure, sappiamo chi fosse davvero, nella vita di tutti i giorni?

È la domanda alla quale tenta di rispondere Maria Rosaria D’Uggento nel suo saggio, «Omo sanza lettere». Leonardo. Pensieri. Frammenti, uscito nel 2019 per Edizioni del Faro. Ne parla nella puntata d’apertura della seconda edizione di Classic Drive Art, dove veste i panni di ospite rappresentante del mondo letterario. 

«Accostarsi al “Genio universale” richiede una buona dose di coraggio e ancor più di incoscienza», ha dichiarato l’autrice. Ed è indubbio che tuffarsi nel mare magnum degli appunti, degli schizzi e delle infinite annotazioni di Leonardo richieda una buona dose di audacia. «L’ho fatto con intenzione divulgativa affinché il patrimonio conoscitivo, valoriale, estetico, tecnico-scientifico che questo grande ci ha lasciato non finisca per essere patrimonio solo di un pubblico “ristretto”. Perché, in realtà, Leonardo intende rivolgersi a tutti». E tutti, dunque, dovrebbero avere modo di sfrondare l’intangibile figura che la Storia, con il suo corso, ha dipinto sopra la sua umanità. La sua materialità, la sua realtà. 

Il che significa approfondire e svelare tratti meno noti del suo pensiero, della sua epistemologia e della sua scienza, ma ancora di più riportare alla luce la sua quotidianità, i suoi rapporti personali, come si vestiva (la moda dell’epoca è uno dei temi più trattati all’interno del volume). In breve: quella parte di vita ancora sconosciuta e avvolta dal mistero. 

Il caso più eclatante è quello di Caterina, la madre di Leonardo. Molti sostengono che fosse proprio lei l’ispiratrice dell’enigmatico sorriso della Gioconda, ma chi era davvero Caterina? 

Quella che Maria Rosaria D’Uggento racconta a Classic Drive Art è la storia di una sedicenne orfana, sedotta  e abbandonata dall’affascinante notaio Piero da Vinci, già promesso ad un’altra fanciulla di più agiate origini. Di lei non si sa più nulla fino al 1493, quando una fonte la colloca in casa del figlio, Leonardo, dopo essersi trasferita in seguito alla morte di marito che nel frattempo le era stato imposto. Morirà di malaria solo poco tempo dopo, e sarà proprio Leonardo a onorarla con un ricco funerale. Il saggio della D’Uggento ripercorre questa storia poco conosciuta con fedele minuzia documentaria, fino ad arrivare alla svolta. «Ultimamente, siccome Leonardo non smette mai di stupire, c’è stata un’interpretazione molto affascinante del Capasso, il quale ha scoperto nientemeno che delle impronte, delle ditate, sia su fogli dei Codici leonardeschi, sia su alcuni dipinti di Leonardo» svela Maria Rosaria D’Uggento alla telecamera di Classic Drive Art. Grazie all’ausilio di avanzatissimi strumenti dattiloscopici, si è stati in grado di evidenziare come tali impronte, soprattutto quella del polpastrello dell’indice della mano sinistra, avessero una conformazione tipica delle popolazioni mediorientali. E di potevano essere se non dell’unica altra inquilina di casa Da Vinci? «Quindi qual è la tesi? La tesi è che Caterina fosse una schiava mediorientale, quindi araba. Le schiave, in questo periodo, venivano importate da Istanbul ed andavano a servire, come serve domestiche, a Firenze, ma anche in Italia o in Spagna. Leonardo era figlio di una araba», conclude la saggista. 

Eppure, le sorprese non sono ancora finite, e la trama si infittisce. Nel dibattito, riportato fedelmente nel volume della D’Uggento, si inserisce Angelo Parati, studioso stabilitosi da diversi anni ad Hong Kong: egli sostiene che «sì, Caterina era una schiava, però non una schiava mediorientale, ma una schiava cinese. Lo attesterebbero secondo lui i tratti somatici di Monna Lisa, nella quale sarebbe raffigurato il volto di Caterina, così come il paesaggio sullo sfondo, che sembra essere più confacente, anzi molto confacente, ad un paesaggio cinese, più che ad un paesaggio toscano». 

Araba, mediorientale o cinese che fosse, il saggio di Maria Rosaria D’Uggento dipinge la figura di Caterina con tratti di indubbio fascino e mal celato mistero. Non è forse questo che dovrebbe fare un saggio di storia? Presentare i fatti, le prove documentarie e le fonti, lasciando però spazio all’immaginazione e alla fantasia del lettore, così che provveda ad aggiornare in modi sempre diversi la sua personale “galleria dei sommi”.

Vuoi saperne di più? Scopri altri dettagli nascosti sulla vita di Leonardo da Vinci nel saggio di Maria Rosaria D’Uggento, disponibile in libreria, su Amazon o IBS, e segui la sua intervista nella prima puntata di Classic Drive Art!

1ª Puntata

A guidarci in un viaggio multisensoriale fatto di arte, libri, vini&food e motori, saranno: 𝐋𝐢𝐯𝐢𝐚 𝐁𝐞𝐥𝐚𝐫𝐝𝐞𝐥𝐥𝐢, wine manager 𝘿𝙤𝙢𝙞𝙣𝙜𝙖 𝘾𝙤𝙩𝙖𝙧𝙚𝙡𝙡𝙖, direttrice comm. e mkt 𝑨𝒍𝒆𝒔𝒔𝒂𝒏𝒅𝒓𝒐 𝑪𝒓𝒐𝒈𝒏𝒂𝒍𝒆, head sommelier 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐢 𝐈𝐨𝐫𝐢𝐨, chef Aroma 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐑𝐨𝐬𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐃’𝐔𝐠𝐠𝐞𝐧𝐭𝐨, saggista 𝑭𝒂𝒃𝒊𝒐 𝑴𝒂𝒈𝒏𝒂𝒔𝒄𝒊𝒖𝒕𝒕𝒊, vignettista Tappa finale sarà il Museo dell’Automobile di Torino sotto la guida della direttrice 𝙈𝙖𝙧𝙞𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙈𝙚𝙣𝙜𝙤𝙯𝙯𝙞. Buona visione!